Epidauro è un viaggio nella Grecia antica, un incontro con un capolavoro, un suono che rimbomba come se non si fosse mai spenta la sua fiamma
Il seme
Epidauro si incastra sulle coste del Peloponneso, respira il mare ma anche l’acqua che proviene dalle numerose sorgenti termali. Un insediamento antico ma anche un grande porto, modernizzato dalla presenza degli yacht attraccati al molo e dalla punteggiatura delle barche a vela sparse verso l’orizzonte.
Ha una connotazione vip, ville celebri, una frequentazione di artisti che ruotano intorno al Teatro di Epidauro.
Da un angolino dell’Argolide al mondo, il passo fu breve per Epidauro.
Questo perché, prima di tutto, era un tempio della cura. Il luogo dove nacque il figlio di Apollo, Asclepio detto Il Guaritore, e dove la medicina antica trapiantò il suo seme.
Dal mito ai pellegrini di Epidauro
Asclepio, si narrava, riuscisse a resuscitare i morti, un’arte che secondo una leggenda apprese osservando un serpente nell’atto di riportarne in vita un altro, usando della semplice erba medicamentosa.
È raffigurato con la barba e armato di verga, attorno alla quale si attorcigliano -appunto- due serpenti che sono rappresentativi della vita che si rinnova nella natura.
Nel Santuario di Epidauro i malati, soprattutto pellegrini, venivano accolti in due luoghi diversi. Gli elitari in un edificio religioso, il katagogion, una specie di albergo, la massa -invece- nelle tende disposte nel recinto del tempio (tèmenos).
Tutti disponevano, successivamente, di una grande camera da letto (enkoimeteria) e lì potevano affidarsi al sogno. Il Dio gli sarebbe apparso per dare loro consigli sul come curare eventuali disturbi della salute.
Ma prima di accedere a qualunque funzione o cerimonia o percorso interiore, gli asclepiei (pellegrini) si recavano nelle vicine sorgenti di acqua minerale e purificavano la propria anima e il proprio corpo dalle colpe e dal maligno. Utilizzavano dei rami di lauro o di ulivo per l’aspersione.
Pronti per essere guariti venivano accolti in un edificio detto “impenetrabile”, o àbaton, per il rito sacro.
Alcune stele, ritrovate durante gli scavi, hanno portato all’attenzione delle epigrafi brevi che raccontano delle guarigioni operate dal Dio sui pellegrini.
Cure a forma d’arte
Uno dei consigli per curarsi al meglio era frequentare il Teatro di Epidauro. Le rappresentazioni drammatiche erano considerate un ottimo stimolo sulla psiche umana.
Lo stesso teatro era stato concepito per fornire ai malati il divertimento terapeutico in grado di sostenere le cure olistiche e spirituali perpetrate nel centro.
La pace e il silenzio che regnavano tutt’intorno furono determinanti per la scelta del posto. Un sentimento di grande rispetto si impossessa di chi visita il sito archeologico ma soprattutto il Teatro. E non si scappa dal famoso tintinnio della moneta che tocca la pavimentazione e fa sembrare il suono una goccia in uno stagno.
Un teatro perfetto
L’acustica pulita, espansa, che dalla cavea arriva fino all’ultimo gradino in cima, e la perfezione simmetrica dello spazio scenico, ancora oggi ne fanno un vero capolavoro di architettura.
La bellezza e l’eleganza intatti, hanno determinato che nel 1988 diventasse Patrimonio dell’Umanità Unesco.
Un gioiello. Una meta ambita e fotografata. Non si può non restarne soggiogati.
Le “Tragedie” ma anche le “Opere Liriche” e i “Drammi” in questo palcoscenico di straordinaria bellezza hanno visto nascere tante forme culturali, e l’arte l’ha fatta da padrone. Almeno fino alla Seconda Guerra Mondiale. In occasione dei tristi eventi, anche l’energia del Teatro, i suoi attori e scenografi, i suoi registi si dispersero.
Epidauro Festival contemporaneo
Nel 1954 fu parzialmente restaurato e poté riprendere la sua programmazione. L’anno successivo venne messo in scena per la prima volta il Festival di Epidauro, destinato a rimanere uno degli incontri più interessanti nel panorama culturale. Ancora oggi puoi assistervi l’estate, quando le rappresentazioni tornano a riempire questa location immortale.
A Epidauro, nella quiete, nella grande pace che scese su di me, udii batter il cuore del mondo”
_Henry Miller, il colosso di Marussi_
Curiosità: La prima opera lirica, era il 1960, vide protagonista una meravigliosa Maria Callas nel ruolo de La Norma di Bellini; invece la prima esibizione moderna, era il 1938, tratta dalla tragedia di Sofocle Elettra vide due celebrità greche Katina Paxinou ed Eleni Papadaki.
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